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Ecco perché l’Italia è il Paese Ocse con i professori più vecchi

L’Italia è il Paese Ocse con i docenti più anziani: un dato certificato dal sondaggio Talis e che sorprende poco dato che in Italia i laureati sono costretti ad aspettare anni prima di poter esercitare la professione. Questo per colpa delle graduatorie, dei mancati concorsi e non solo.
A cura di Susanna Picone
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“Abbiamo gli insegnanti più vecchi perché ci rifiutiamo di assumere i più giovani”: parole di Marcello Pacifico, presidente del sindacato di categoria Anief, che ha commentato i dati emersi dal sondaggio Talis (Teaching and learning International survey) condotto dall’Ocse. Un sondaggio secondo il quale l’Italia è il Paese Ocse con i docenti più anziani, con una media di 49 anni contro i circa 43 anni delle altre nazioni. Oltre la metà degli insegnanti italiani sono over 50 e la situazione è simile anche se si parla di dirigenti scolastici, per cui l’età media raggiunge addirittura i 57 anni. Ma è un dato che, come ricostruisce Il Fatto Quotidiano partendo dal commento di Pacifico, non deve sorprendere. Questo perché in Italia il percorso per diventare un insegnante è particolarmente lungo e tortuoso. I giovani sono costretti ad aspettare anni prima di poter esercitare la professione e ottenere una cattedra. Prima c’erano le Ssis (Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario) per iniziare a insegnare, oggi c’è il Tfa (Tirocinio Formativo Attivo) e i concorsi. L’ultimo, lo storico Concorsone, risale però al 1999. E nemmeno col Tfa promosso recentemente dal Ministero dell’Istruzione i problemi sono stati risolti. Inoltre, una volta concluso il tirocinio, gli abilitati (va considerato anche che l’età media dei partecipanti al Tfa è di 37/38 anni) sono ancora costretti ad aspettare prima di poter avere la possibilità di partecipare a un concorso. Questo significa che gli insegnanti giovani ci sono anche in Italia, ma sono precari se non proprio disoccupati.

Docenti, le riforme della scuola e la riforma Fornero con i Quota 96

Ma, oltre a Tfa e concorsi, ci sono anche altri fattori che hanno contribuito a rallentare il rinnovamento dei docenti italiani. Basta pensare alle ultime riforme della scuola che hanno sensibilmente ridotto il contingente del personale: “Negli ultimi sette anni, soprattutto a causa dei tagli della Gelmini, abbiamo assistito alla cancellazione di circa 200mila posti, con la riduzione dell’orario scolastico e del rapporto alunni-docenti”, afferma Pacifico. E oltre alla riforma della scuola ha contribuito anche quella Fornero che ha innalzato l’età pensionabile con una conseguente contrazione del turnover. Il presidente dell’Anief, a questo proposito, ha commentato in particolare la vicenda dei “Quota 96”, gli insegnanti bloccati in servizio nonostante avessero raggiunto la soglia contributiva necessaria e inoltrato già domanda per il ritiro: “Siamo al paradosso, non solo alziamo il limite di età ma neghiamo la pensione persino a chi ne avrebbe maturato il diritto”.

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