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E’ morto Nicholas Winton: l’uomo che aveva 700 figli

Si è spento a 96 anni lo Schlinder britannico, salvò 700 bambini.
A cura di Giulio Cavalli
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La notizia mi arriva a bruciapelo, una nota di agenzia che mi scorre sullo schermo: oggi è morto a Maidenhead Sir Nicholas George Winton, lo "Schlinder britannico", l'uomo che salvò ben 669 bambini ebrei della Cecoslovacchia tra il 1938 e l'anno successivo organizzando i viaggi in treno verso la Gran Bretagna. La storia di Winton rimase per decenni un segreto chiuso a chiave nel cuore (suo e dell'amico Martin Blake che lo aiutò nell'impresa) finché nel 1988 sua moglie Greta ritrovò in un cassetto alcuni ritagli del giornale che parlavano di quei salvataggi mai raccontati a nessuno. Solo dopo quel giorno la storia di Sir Winton divenne pubblica proiettandolo nel mondo delle onorificenze e della gratitudine.

Per questo credo che Winton sia stato un eroe due volte: perché come tutti i grandi per davvero ha taciuto un'impresa che sicuramente gli avrebbe reso la vita più facile e invece mi piace credere che abbia pensato ai quei bambini già troppo sofferenti per diventare anche "pubblici". Insieme a Fanpage proprio in questi giorni avevamo programmato le registrazioni di alcuni monologhi web sull'ordinarietà di persone straordinarie e rimaste sempre troppo ai margini dell'opinione pubblica. La prima puntata avevamo deciso di dedicarla proprio a lui: Sir Winton. Mi aveva colpito (oltre alla capacità organizzativa applicata al salvataggio di vite umane) anche una frase che aveva pronunciato in una recente intervista in cui disse che alcuni uomini nascono per fare grandi cose, alcuni vivono per fare grandi cose e alcuni hanno l'occasione di potere fare qualcosa di grande. Ovviamente lui si mise nella terza categoria. E in questi tempi di "cattivismo" esibito, di linguaggio "muscolare" tra le bave dei politici e gli urli dei talk-show la discrezione di Winton mi è sembrata subito di un'eleganza d'altri tempi, un ingrediente che ci manca così tanto oggi.

E per questo la notizia della morte di Winton è per noi qualcosa di profondamente personale: perché siamo in un tempo in cui la memoria si commemora sui morti piuttosto che esercitarla sui vivi e per noi raccontarlo era la nostra gratitudine.

Carlo Mazzacurati (citando Platone) diceva ai suoi collaboratori: “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre”. Persone come Winton sono l'esempio di quanta umanità bellissima ci sia dentro i cassetti della nostra storia. Ci sono due immagini che mi piace ricordare: nella prima Winton bacia sulla testa un bambino ebreo che sta per essere salvato e ha il sorriso luminoso dei giusti, quello che fa tutto il giro della faccia, quello dei padri che sentono figli anche i figli degli altri; l'altra è un fotogramma di Winton mentre scopre di essere stato invitato a sua insaputa in uno studio televisivo insieme a molti dei suoi bambini salvati (e ovviamente cresciuti), quando Winton si gira per osservarli mentre si alzano in piedi all'annuncio della presentatrice gli si stringono gli occhi e spreme le lacrime che era riuscito così bene a nascondere, e sono lacrime meravigliosamente liberatorie.

Buon viaggio Sir Winton, custodiremo con cura la tua vita a forma di carezza.

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