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Dopo gli attacchi di Parigi l’Europa sta blindando le frontiere?

Dopo la decisione della Francia di introdurre maggiori controlli alle frontiere, oggi alla riunione straordinaria dei ministri degli Interni dell’Unione europea a Bruxelles sarà discusso un provvedimento analogo: più controlli, anche per i cittadini comunitari e un registro di schedatura dei voli interni.
A cura di Claudia Torrisi
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Francia, controlli dopo sparatoria in treno

Durante l'intervento in diretta tv a poche ore dalla strage di venerdì 13 novembre a Parigi, il premier francese Francois Hollande ha annunciato – contestualmente alla dichiarazione dello stato d'emergenza – la chiusura delle frontiere.

Successivamente – a qualche ora dal discorso di Hollande – la presidenza francese è tornata sul punto, chiarendo che più che di una chiusura delle frontiere, si trattava di un ripristino dei controlli. Una sorta di sospensione del trattato di Schengen che consente la libera circolazione delle persone nei paesi che fanno parte dell'Unione europea. Sospensione che, come ha precisato il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, è prevista dal trattato in caso di "minaccia grave per l’ordine pubblico e la sicurezza interna" per un periodo non superiore ai 30 giorni – che può essere prolungata in determinate condizioni – o per la durata prevedibile della minaccia.

Il provvedimento del governo francese si inserisce nelle misure di reazione agli attentati di Parigi. La decisione di controllare anche i cittadini comunitari è direttamente legata alla questione del ritorno dei foreign fighters e a quanto successo lo scorso 13 dicembre: tutti gli attentatori identificati finora erano di nazionalità francese. Durante il discorso tenuto lunedì davanti alle Camere riunite a Versailles, il Presidente della Repubblica ha però parlato della "necessità da parte dell'Unione Europea" di difendere le frontiere. Hollande ha chiesto la rapida attuazione di "controlli coordinati e sistematici" dei confini interni ed esterni dell'Ue, sottolineando l'esigenza di un accordo europeo sul registro dei passeggeri dei voli aerei entro la fine dell'anno. Se ciò non avverrà, ha dichiarato  il primo ministro francese Manuel Valls oggi davanti al Parlamento a Parigi, "la sopravvivenza di Schengen è a rischio".

Il trattato – come detto – prevede la possibilità di controlli in caso di specifiche minacce, grazie a una "lista di indicatori del rischio" che permettono di fare controlli. Il problema, come spiega l'Ansa, "è che gli Stati membri non utilizzano tutti nello stesso modo questa lista di indicatori e spesso non inseriscono informazioni importanti nel sistema informativo Schengen (Sis), come ad esempio provvedimenti di espulsione, rimpatri e mandati d'arresto internazionali". Dopo gli attacchi di Parigi la Francia chiede, praticamente, che la lista venga armonizzata e resa obbligatoria.

Oggi a Bruxelles è in programma una riunione straordinaria dei ministri degli Interni dell'Unione europea. All'ordine del giorno c'è una bozza di un documento che rispecchia le richieste francesi di intensificare i controlli sui confini esterni dei paesi aderenti: verifiche su tutti coloro che entreranno nell'area Schengen – anche se comunitari. Una risposta, dice il documento, agli "atroci attacchi perpetrati a Parigi il 13 novembre". Nella proposta sul tavolo dell'Ue ci sono cinque punti principali. Misure che, in parte, ricalcano richieste già presentate ma non accolte dagli stati in tema immigrazione, che sull'onda emotiva dei fatti di Parigi hanno avuto un sostanziale via libera.

Più controlli alle frontiere

Nel documento si invitano gli stati membri entro marzo 2016 a "rendere più efficace il sistema di controlli alle frontiere – con collegamento in tempo reale tra tutti i posti di frontiera dove avvengono le verifiche elettroniche dei documenti". Si chiede di "rafforzare la vigilanza alle frontiere esterne più esposte ai flussi migratori" con un sistema di squadre – "Rabit", rapid border intervention teams – di pronto intervento in caso di necessità. La possibilità delle Rabits era già stata avanzata da alcuni paesi in occasione del vertice sull'immigrazione di Malta del 12 novembre. In quell'occasione le squadre erano state pensate come potenziamento di Frontex, ma la proposta non aveva convinto tutti gli stati partecipanti alla riunione.

E proprio sui controlli in tema di immigrazione c'è una stretta: l'Europa dovrà registrare e prendere le impronte "in modo sistematico a tutti i migranti che entreranno nell'area Schengen". Dati che verranno fatti confluire in tutti i database di sicurezza europei.

Nella bozza si accenna anche al rafforzamento del ruolo di Frontex – altro punto già all'ordine del giorno a Malta. L'agenzia collaborerà a stretto contatto con Europol nel garantire "controlli alle frontiere per indagare su viaggi sospetti di foreign fighters e traffico di armi". L'agenzia, "in particolare nel contesto degli hotspots" lavorerà con Europol e Eurojust scambiando la mole di dati registrata.

Registro dei nomi dei passeggeri

Il Pnr – Passenger name record – è il registro europeo dei nomi dei passeggeri. Nel documento si propone l'adozione entro l'anno, con l'inclusione di una schedatura dei voli interni. Il dati dovrebbero essere conservati "in forma aperta" per le autorità e e "non limitata ai crimini con una natura transnazionale", per un periodo di tempo "sufficientemente lungo". I controlli, quindi, saranno ampliati a tutti i cittadini, anche europei e per qualsiasi tipo di reato – non solo terrorismo.

Unica centrale antiterrorismo

Gli stati potranno "aumentare lo scambio di informazioni e il coordinamento operativo sul monitoraggio e le inchieste antiterrorismo". Il proposito sarà facilitato dall'Ectc – il Centro europeo antiterrorismo, che sarà lanciato dal primo gennaio dall'Europol. In seno a quest'organo sarà creata un'unità unica di vigilanza transfrontaliera, formata da esperti provenienti dai vari stati. Ogni paese dovrà informare Europol e il nuovo Centro inviando i singoli dossier antiterrorismo.

Pacchetto armi

Nel documento del Consiglio si chiede un'accelerata sull'approvazione definitiva del pacchetto di misure per rafforzare i controlli sull'acquisizione e la detenzione delle armi da fuoco in tutta l'Ue adottato ieri dalla Commissione europea. Provvedimenti che "mirano a sostenere gli Stati nel proteggere i cittadini europei e nell'impedire che criminali e terroristi abbiano accesso alle armi".

Misure bancarie

Sul piano bancario la proposta è di fortificare e armonizzare i poteri delle unità di informazione finanziaria e migliorarne i meccanismi di cooperazione, oltre a rafforzare i controlli sui metodi di pagamento non bancari. Infine, la creazione in ogni stato dei registri centralizzati coi dati dei conti bancari e di pagamento.

In questa direzione di un'Europa "blindata", c'è chi è andato anche oltre. Il governo olandese ha discusso internamente la proposta della creazione di una "mini-Schengen" tra stati dell'Europa centrale- comprenderebbe Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Germania e Austria. Il proposito avrebbe lo scopo di controllare il flusso di migranti e richiedenti asilo. La Commissione europea al momento, però, ha fatto sapere di non aver ricevuto alcuna proposta formale in questo senso.

E proprio in relazione ai migranti, la linea europea rischia di stringere ancora di più gli angusti spazi di circolazione. Nella parte della bozza dell'accordo dedicata ai controlli alle frontiere si dice espressamente di "registrare sistematicamente tutti i migranti che entrano nell'area Schengen, comprese le loro impronte digitali, e condurre controlli di sicurezza sistematici utilizzando i principali database". Nello specifico Sis II, Interpol e quelli delle polizie nazionali. Registrazione che non è una novità, ma che spesso veniva evitata. Per il trattato di Dublino, infatti, i migranti sono costretti a fare richiesta d'asilo nel primo paese in cui vengono identificati – che spesso non è la loro meta finale. Secondo Dimitri Avramopulos, commissario europeo per la migrazione e gli affari interni, "potremo avere uno spazio Schengen perfettamente funzionante solo con un controllo effettivo delle frontiere esterne", aggiungendo che l'Europa sta lavorando a una revisione dello Schengen Information System (Sis).

Alcuni paesi, a causa della crisi migratoria, avevano già provveduto a una sorta di sospensione del trattato. Ultima la Germania, che lo scorso 13 settembre ha reintrodotto i controlli frontalieri al confine con l’Austria. A sua volta quest'ultima ha ripristinato le verifiche dei documenti al confine con l’Ungheria, inviando circa 2 mila militari a presidiare la frontiera. E così – misure simili – per qualche altro paese. Lo scorso 27 ottobre, il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, in apertura del suo intervento davanti alla plenaria del Parlamento Ue, aveva detto che la crisi dei migranti è "la sfida più grande" per la Ue e "può distruggere conquiste come la libera circolazione del trattato di Schengen", scatenando "scosse telluriche" negli equilibri dell'Unione. E dopo i fatti di Parigi, non sembra aprirsi un futuro più roseo per la libera circolazione.

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