Cosa sapere sulle elezioni in Spagna e cosa c’entrano Airbnb, la marijuana e gli hippies
Barcellona – “Un’ultima cosa: se ti ferma la polizia o se ti devi registrare da qualche parte non dire che mi hai trovato su Airbnb, dì che stai da un amico. Sai lo vogliono chiudere perché la lobby delle catene alberghiere sta facendo pressioni sul governo e io rischio pesanti multe”. Adrian ha 39 anni, fa il grafico e affitta tramite il web un piccolo appartamento con terrazzo a Poble Sec, a due passi dal quartiere gotico di Barcellona. Per capire cosa gli spagnoli sono chiamati a scegliere alle urne domenica prossima in occasione delle elezioni politiche nazionali può essere utile partire da qui.
No liberalizzazioni – L’attuale governo di destra, guidato dal PP di Mariano Rajoy, ha dimostrato di non gradire affatto l’emergere della “share” economy. Uber è stato il primo a farne le spese: messo al bando si è magicamente trasformato in un servizio di consegna di cibo a domicilio. Ora nel mirino c’è Airbnb, una concorrenza insostenibile per gli albergatori che cercano in tutti i modi di metterla al bando visto che è facile trovare mini appartamenti in centro a partire da 30 euro a notte.
Nuovi nemici – Sarà poi curioso capire come ad esempio i negozianti vorranno fronteggiare altre nuove realtà che pongono la condivisione e quindi il risparmio, davanti al bisogno di consumo, proprio del vecchio caro capitalismo. Come ad esempio Wallapop, un’app di mercatino dell’usato geolocalizzato e pensato per degli scambi velocissimi e molto frequenti per dare da una parte una vita più lunga agli oggetti, e dall'altra l’opportunità di far conoscenza con il vicinato.
Basta turisti – L’economia in pesante crisi (in una zona non turistica di Barcellona si può mangiare un pasto completo di alta qualità a 9.50 euro) inizia a vedere di cattivo occhio l’unica industria che in questo momento gode di ottima salute: il turismo. A Barcellona sono nati movimenti e associazioni che denunciano la spersonalizzazione della città e chiedono una diminuzione del numero di turisti, partendo dalla riduzione delle Grandi Navi da crociera che attraccano qui (Il documentario dall'eloquente titolo Bye Bye Barcelona ne illustra il fenomeno). Dalla Catalogna, che si sente in pericolo ma che venderà cara la pelle, la capitale Madrid sembra lontana e incapace di comprendere le necessità. Qui l’unica fiaccola di speranza che arde ancora, soprattutto tra i giovani che spesso si disinteressano completamente della politica nazionale, è quella dell'indipendenza.
Legalizzazione mascherata – Dall'altra parte, lo stesso governo di destra, dà il via libera ai Social Cannabis Club rendendo di fatto legale il consumo e la vendita di marijuana e hashish. Una scelta pensata con una mano al portafoglio (leggi aumento delle entrate fiscali) che non ha mancato di creare alcuni paradossi e ipocrisie. L’accesso in questi club privati, eleganti e nascosti, è consentito solo ai soci e ai loro amici (procurarsi un invito non è certo difficile). Dentro, la somiglianza con i coffe shop olandesi è notevole ma, se è consentita la vendita anche di dieci grammi di erba o fumo a testa, il possesso all'esterno, anche solo di una modica quantità, è vietato e perseguito con pesanti multe.
La scelta – Sepolta dunque l’ideologia, il campo di battaglia elettorale di domenica forse sarà proprio questo: chi riuscirà a convincere maggiormente gli spagnoli che sono loro e non un’altra la forza politica in grado di togliere dal centro del sistema il denaro e il profitto per metterci l’essere umano?
La gara sarà a quattro. In testa c’è la destra del Partito Popolare, al governo dal 2011 e guidata dal Primo ministro Mariano Rajoy. Sessant’anni, politico di lungo corso, vecchio stampo, europeista, lo chiamano “Il tenace”, diventato protagonista nonostante la doppia sconfitta contro Zapatero. In cinque anni i voti persi però sono milioni. La campagna elettorale è puntata sui giovani, usando perfino il mondo hypster come testimonial e cercando di serrare le fila dell’elettorato conservatore. Patito di Twitter, dimostra però di non conoscerlo abbastanza, come in questo infelice scambio di tweet con un 15enne che, una volta diventato maggiorenne, gli ha risposto così:
Una mancanza di consenso che sembra essere stata dimostrata ancora una volta ieri, quando il premier spagnolo è stato preso a pugni e ferito da un ragazzo di 17 anni mentre si recava a un comizio elettorale in una piazza della città di Pontevedra.
Dietro, almeno secondo i sondaggi, ci sarebbero i socialisti del Psoe, guidati dall'economista Pedro Sanchez, un volto nuovo che punta però sulla storia del suo partito e sulle battaglie politiche vinte. La sua è una campagna elettorale all'attacco, sa di dover recuperare e per questo è aggressivo (qui nell'ultimo faccia a faccia mentre rimprovera aspramente Rajoy e poi finisce quasi a rissa). Quarantadue anni, alto un metro e 90, bello come un attore (Le Monde lo ha definito il “Cary Grant” di Spagna), Sanchez si è fatto vedere recentemente alla festa dell’Unità di Bologna al fianco di Matteo Renzi. Acclamato dalla base alle primarie, il bel Pedro ha avuto anche il coraggio di scelte “contro il sistema”, come il no del suo partito all'elezione del conservatore lussemburghese Jean Claude Junker alla Presidenza della Commissione Europea.
La new entry è il movimento Ciudadanos (Cittadini), nato da pochi anni, ma esploso da pochissimi mesi, è dato già come terzo partito. Un uomo solo al comando, Albert Rivera, 36 anni appena compiuti, cresciuto a La Barceloneta, ma senza velleità secessioniste, campione regionale di nuoto, non ci ha pensato due volte, qualche anno fa, a spogliarsi per farsi fotografare nudo sui cartelloni elettorali per avere più visibilità. In una campagna elettorale in cui il marketing è tutto, l’ascesa di Ciudadanos sembra quella più studiata a tavolino. Lo si capisce chiaramente dai loro video promozionali, basati sul culto della persona di Rivera e con una rottura “soft” con il passato, almeno quello più recente, con una svogliata vocazione euroscettica tutta da verificare. Insomma un Podemos di destra, come lo ha ribattezzato il Guardian, nato per raccogliere i disillusi che stanno uscendo dal Partito Popolare. Impressionante, infine, l’età media della sua ipotetica squadra di governo, poco sopra i 30 anni.
E Podemos? – Già, che fine ha fatto il “Movimento 5 Stelle spagnolo”, guidato da quel Pablo Iglesias dai lunghi capelli e dal fluente italiano, che si era fatto erede del movimento Indignados e giustiziere del bipartitismo spagnolo? Se su Facebook spopola con oltre un milione di likes (contro i poco più di 100mila di Psoe e del Pp – Rajoy però spadroneggia su Twitter con 1 milione di followers, Iglesias lo batte con quasi 1.5 mlilioni ), il movimento pare arrancare nei sondaggi che lo danno in coda al gruppetto. Stampa tradizionale avversa, poco spazio sui media, accuse di populismo: sembra di vedere la copia esatta dell’ascesa Pentastellata in Italia. Con qualche ombra in più, forse: come l’ammissione di un finanziamento di oltre 400mila euro da parte dei governi sudamericani di Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua e di una successiva evasione fiscale chiusa con una multa. Il movimento, stando almeno alle affollatissime e partecipate assemblee, non ha intenzione di arrendersi e la naturale propensione alla concretezza potrebbe alla lunga diventare un vantaggio, un segno di riconoscimento. In attesa di un test esecutivo che ancora questi movimenti, con l’eccezione di Syriza in Grecia, non hanno avuto.
Ultimi sondaggi – Nel grafico qui sotto de El Espagnol si nota l’impressionante rally di Ciudadanos negli ultimi 4 mesi che ha scavalcato un Podemos in difficoltà. Ma secondo l’ultimissimo sondaggio “vietato” (da lunedì scorso non si possono più diffondere secondo la legge spagnola e per questo pubblicato nella vicina Andorra) ci sarebbe una forte rimonta di Podemos, in lotta con il Psoe di Sanchez per il secondo posto dietro al premier Rajoy. Il partito di Pablo Iglesias sale al 19%, a ridosso del Psoe (20,9%). Il Pp rimane primo con il 25,4%. Il sondaggio Gesop realizzato fra il 12 e il 14 dicembre – quindi prima del duello in tv fra Rajoy e Sanchez di lunedì notte – registra inoltre un calo di Ciudadanos, quarto con il 17,2%.
Cosa accadrà – Nessuno dei quattro pretendenti avrà i numeri per governare da solo così le elezioni di domenica paiono essere solo un punto di partenza. Da lunedì cominceranno le consultazioni tra i partiti che emergeranno più forti da questa tornata elettorale. Un’alleanza fin troppo prevedibile tra PP e Ciudadanos consegnerà alla Spagna altri 5 anni di governo popolare? Oppure Podemos e Socialisti riusciranno a trovare un punto di incontro, anche solo sulla base di un accordo programmatico? Impossibile da dire, ma di certo vi terremo informati.
Articolo a cura di Giorgio Scura.