Di certo c'è solo che a terra ci sono libri, pezzi di zaino, la calotta di una bombola, una delle tre che sono esplose, nascoste dietro ad un cassonetto dell'immondizia, deflagrate (un timer, un telecomando: chi l'ha premuto ha potuto vedere o sentire quel che ha fatto). Ore 7.45 è il momento in cui le ragazze entrano a scuola. A Brindisi, alla "Falcone-Morvillo" dedicata ai due giudici, compagni nella vita e nella morte, arrivata giusto vent'anni fa, il 23 maggio 1992, per mano della mafia, a Palermo.
È sabato, l'atmosfera da weekend viene squarciata dalle esplosioni. Sono due, lo diranno i primi testimoni. La deflagrazione parte da un cassonetto che stranamente è lì dove non dovrebbe essere. È fortissima. Sul piazzale ci sono le studentesse appena scese dall'autobus. L'esplosione travolge una ragazza, le squarcia il petto, la lascia a terra. Con lei ce ne sono altre a terra, ustionate. Melissa, Veronica, Azzurra, Sabina, Selene. Nomi solari, colorati, sognanti come gli occhi di queste ragazzine – sedici anni – che ora sono anneriti dalle esplosioni. Clacson e antifurti suonano a più non posso, il rumore della bomba, è stata una bomba, è stato così forte da sfondare i timpani. Urla, qualcuno urla tra il fumo: "Melissa!" Chiama Melissa. È una delle ragazze, chiama l'amica che è a terra, non si muove. Melissa voleva fare la stilista, si era fidanzata da poco. E' morta. Chi vedrà le sue foto su Facebook capirà che era davvero un ragazza solare. Non era un modo di dire.
Sull'asfalto antistante la scuola dedicata a due vittime di mafia, a pochi passi dal tribunale, istituto che da sempre partecipava a manifestazioni antimafia e i cui allievi avevano anche vinto un premio proprio per il loro impegno contro la malavita, ci sono dunque libri, quaderni, diari. E ci sono parti metalliche. Lo si vede chiaramente, sono bombole di gas. Sono tre. La Scientifica trova anche i resti di un timer. È una bomba, è stata azionata per esplodere esattamente in quel momento. Chi ha potuto? Chi ha potuto un gesto così abominevole, prendersela coi ragazzi, inermi, all'entrata di scuola, in un sabato italiano pugliese ora pittato di nero fumo e terrore?
Mafia, Sacra corona unita, terrorismo, un "unabomber" meridionale: sono le piste seguite, inseguite dagli inquirenti mentre in tutt'Italia esplode l'indignazione. Consci di date e coincidenze vicine all'anniversario di Capaci, schiavi di dietrologie e complotti che pure nella cupa nazione delle stragi irrisolte si sono verificati, gli italiani si interrogano. Lo fanno sui social network dove si scrive tutto e il contrario di tutto. «Si indigna, si sdegna e poi getta la spugna con gran dignità» cantava un Fabrizio De Andrè quanto mai profetico parlando del camorrista don Raffaé, immaginando un Paese litigioso e chiacchierone su tutto. E oggi lo è.
Si discute anche dell'humus politico che avrebbe o meno favorito la bomba. Bomba della quale non si conosce il mandante, non si conosce il movente. Di certo c'è solo che è esplosa. Che Melissa è morta e che Veronica, morta per i giornali e per le tv in un balletto indecorso delle notizie – e noi giornalisti italiani oggi dovremmo fare una grande autocritica – lotta contro un destino crudele, incredibile e ingiusto. Mario Monti, da Camp David dove i G8 decidono i destini dell'economia mondiale, esprime il suo cordoglio. Lo fanno il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, lo fa il Vaticano, lo fanno tutte le forze politiche.
Il cordoglio stavolta non resta sulla carta: la gente si accorda, l'appuntamento nelle piazze è alle 18, alle 18.30. Milano, Roma, Napoli, Palermo, Brindisi, Perugia, tante piazze silenziose e preoccupate. Manderanno i figli a scuola lunedì i genitori italiani? Il ministro all'Istruzione Profumo chiede agli studenti di non aver paura.
Ma cosa aspettarsi da un popolo impaurito? L'indagine è buia, gli stessi inquirenti ammettono che no, "non ha senso" una cosa del genere, come dice il procuratore di Lecce Cataldo Motta, i mafiosi "cercano consenso sociale". E una bomba che scoppia davanti ad una scuola aliena ogni consenso e scatena la rabbia più cieca, qualsiasi sia la rivendicazione nel caso di terrorismo, qualsiasi sia l'intimidazione nel caso di malavita organizzata. Anche il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ribadisce che "sono aperte tutte le ipotesi". "Tutte le piste sono buone, ma al momento non abbiamo nessuna certezza" dice il ministro dell'Interno Cancellieri. E nel romanzo delle stragi italiane che si pensava chiuso per sempre, una nuova pagina è aperta.