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Berlusconi sceglie lo “stile Agnelli”, Mediaset cade in borsa

Tonfo di Mediaset sul listino di Milano, dopo la cessione di quasi l’8% del capitale da parte di Fininvest. Analisti divisi sulle motivazioni dell’operazione e del timing, ma forse i Berlusconi vogliono imitare gli Agnelli: meno peso al business storico e via libera ad alleanze internazionali…
A cura di Luca Spoldi
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Piazza Affari beneficia del clima positivo in vista di un compromesso tra la Grecia e l’Eurogruppo che potrebbe essere annunciato entro lunedì oltre che della tenuta, per ora, della tregua in Ucraina e chiude con un ulteriore rialzo una settimana caratterizzata da nuovi passi in avanti per quanto riguarda la riforma delle popolari e il varo di una “bad bank” sistemica (due elementi che porteranno secondo molti a una nuova serie di operazioni di fusione e acquisizione che potrebbero ruotare attorno a istituti come Bpm, Bper e Banca Carige da un lato, a Ubi Banca, Banco Popolare e Mps dall’altro), nonché dei primi segnali se non di ripresa almeno di “non recessione” in Italia, con un Pil rimasto stabile nel quarto trimestre contro una crescita media a livelli di Eurozona dello 0,3% e contro un’economia in netta accelerazione sia in Germania (+1,1%) sia in Spagna (+0,7%), ma di nuovo in calo in Grecia (-0,2% contro attese di +0,4%).

Così non stupisce che tra le blue chip a correre siano ancora una volta le banche, ma se al mattino erano state le popolari e gli istituti in odore di operazioni straordinarie a segnare i rialzi più vistosi, lo scattare di prese di profitto porta a fine giornata Unicredit e Intesa Sanpaolo, entrambe in rialzo di oltre il 3%, a svettare davanti a tutti con Eni (che beneficia del rimbalzo del petrolio) e Pirelli ad inseguire, con rialzi di oltre il 2%.

Chi invece chiude davvero male la settimana è Mediaset che vede le quotazioni calare del 6,5% sotto i 4 euro per azione dopo che ieri Fininvest, a mercato chiuso, ha annunciato di essere scesa al 33,4% del capitale a seguito della cessione di un 7,88% avvenuta (91 milioni di azioni) a 4,10 euro per azione. Un’operazione motivata dalla holding della famiglia Berlusconi con l’esigenza di rafforzare la propria posizione finanziaria e finalizzata a diversificare le partecipazioni ma che ha sorpreso gli analisti. Come fanno notare alcuni il timing è quanto meno singolare visto che avviene dopo che erano apparsi primi segnali di ripresa della raccolta pubblicitaria tanto in Spagna quanto in Italia, vale a dire i due mercati di riferimento del gruppo.

Gli analisti di Websim commentano così chepotrebbe esserci una motivazione di natura politica, che non riusciamo a decifrare” dietro alla scelta tattica di Fininvest, che dall’operazione ha incassato 377 milioni di euro e dato che i titoli erano finora contabilizzati a 1,09 euro l’uno questo significa una plusvalenza lorda per la holding attorno ai 297 milioni. Mentre altri gruppi non hanno mai esitato dal ricorrere al mercato per fare cassa a beneficio degli azionisti di controllo, l’unico precedente storico in casa Mediaset risale all’aprile 2005 quando sempre Fininvest collocò un 16,68% di capitale in borsa, scendendo così sotto il 50% del capitale.

In quell’occasione i titoli erano stati collocati a circa 11 euro l’uno consentendo a Fininvest, scesa dal 50,9% al 34,4% del capitale, di incassare 2,2 miliardi e azzerare debiti finanziari per 900 milioni di euro. Anche in quell’occasione si era parlato di una motivazione “politica”, la necessità di tacitare chi accusava il tycoon italiano di essere portatore di un conflitto d’interessi, ma sia i figli sia il top management del gruppo avevano dato un’interpretazione differente parlando della volontà di “aprirsi di più al mercato” e assicurare l’ulteriore ampliamento del flottante sul titolo. Negli anni successivi, inoltre, Fininvest aveva in parte ricomprato il titolo, approfittando della caduta delle quotazioni (il titolo era sceso dapprima sui 3 euro, nel 2009, per poi toccare un minimo sotto gli 1,35 euro nel giugno del 2012) per risalire sopra il 41%.

Ora qualche fonte parla di crescenti “malumori che avrebbero scavato un solco tra il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, manager della “vecchia guardia”, e lo stesso Silvio Berlusconi (oltre al figlio Pier Silvio, amministratore delegato del gruppo Mediaset). Malumori che nascerebbero da differenze di vedute tra il manager e l’ex premier sulla necessità di mantenere un atteggiamento collaborativo nei confronti del governo, divenute forse insanabili dopo la rottura del “patto del Nazareno” a seguito dell’elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica Italiana. Altri operatori parlano invece di un possibile “risiko” nel settore editoriale europeo che potrebbe coinvolgere sia Mediaset sia Telecom Italia, in passato date più volte in predicato per un matrimonio che non si è mai consumato.

Ora Mediaset e Telecom Italia potrebbero trovarsi coinvolte in un più ampio intreccio europeo con l’ipotesi di un’alleanza col finanziere francese Vincent Bolloré, socio di Mediobanca (nel cui capitale Fininvest ha una partecipazione del 2,06% di cui l’1% vincolato al patto di sindacato, “importante ma non strategica” secondo lo stesso Pier Silvio Berlusconi) e prossimo ad entrare nel capitale di Telecom Italia grazie all’8,3% che Vivendi (di cui Bolloré è presidente e che tramite la controllata Canal+ produce anche contenuti televisivi) ha rilevato nel settembre 2014 nell’ambito dell’operazione con cui il gruppo francese ha ceduto agli spagnoli di Telefonica la controllata brasiliana Gvt in cambio di 4,66 miliardi di euro e di un pacchetto del 5,7% del gruppo telefonico italiano.

Insomma: una svolta politica che potrebbe andare a braccetto con una rivoluzione industriale, con la famiglia Berlusconi (impegnata anche in Mondadori, altro gruppo che secondo gli uomini di borsa potrebbe essere al centro di qualche operazione straordinaria nei prossimi mesi) intenzionata ad adottare uno “stile Agnelli”, con una presenza sempre meno rilevante nel business storico a favore di una diversificazione finanziaria che passa per alleanze industriali a livello internazionale. Mediaset come Fiat, dunque? E’ presto per dirlo, ma la rivoluzione tecnologica e gli indizi di questi ultimi mesi sembrano supportare tale ipotesi, rispetto alla quale attendere ancora i tempi di una incerta ripresa del mercato pubblicitario potrebbe essere apparso un limite ormai eccessivo.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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