L’offensiva politico-finanziaria di Silvio Berlusconi, come da più parti è stata letta la doppia offerta per le attività di Rcs Libri e per le antenne di Rai Way, pare essere ad un punto morto. Mentre in Rcs Mediagroup cresce la fronda tra i soci contro l’idea di cedere le attività librarie, sul fronte Rai tutto tace dopo le polemiche degli ultimi giorni e dopo che Consob ha chiesto alla Rai stessa informazioni sulla governance aziendale della controllata e, in particolare, su eventuali accordi e clausole che impediscano la cessione del controllo ovvero che prevedano un “golden power” utilizzabile a discrezione del presidente del consiglio come nel caso di tutti i settori di rilevanza strategica.
Andiamo con ordine: per rilevare le attività di Rcs Libri, che nei primi nove mesi dello scorso anno hanno registrato 155,4 milioni di euro di ricavi (contro i 179,3 milioni del pari periodo 2013, ma escludendo le attività cedute della Collezionabili, della partecipata Editions d’Art Albert Skira, e del marchio La Tribuna, i ricavi apparivano sostanzialmente stabili) con una quota di mercato pari all’11,7% in termini di valore seconda solo alla stessa Mondadori, e con un Ebitda ante oneri non ricorrenti di 4,2 milioni di euro, Silvio Berlusconi dovrebbe sborsare sui 130-150 milioni di euro, tenuto conto che la società è iscritta in bilancio per 215 milioni e che aveva a fine dicembre in pancia 35 milioni di liquidità.
I soldi per l’ex presidente del Consiglio non sarebbero un problema, la via libera del Cda dipende però da cosa ne penseranno i soci e storicamente sul ponte di comando di Rcs MediaGroup margini e profitti non sono stati sempre la stella polare, diciamo. D’altra parte i covenant sottoscritti con le banche nel luglio dello scorso anno prevedono che entro settembre di quest’anno Rcs MediaGroup abbia un rapporto tra posizione finanziaria netta e Ebitda (Mol) non superiore a 4,5 o, in caso ciò non si verificasse, proceda con cessioni non inferiori a 250 milioni di euro o ancora, se tutto questo non si verificasse, che i soci procedessero all’aumento di capitale da massimi 200 milioni già deliberato.
L’Ebitda ante oneri non ricorrenti di Rcs MediaGroup a fine settembre era pari a 13,7 milioni, il debito a 515,3 milioni, ma per fine anno dovrebbero essere l’uno salito attorno ai 40 milioni, l’altro calato sui 480 milioni, con un rapporto pari a 12 ancora molto distante dagli obiettivi. Rcs vorrebbe cedere il 44,5% di Finelco (holding cui fanno capo Radio Monte Carlo, R105 e Virgin Radio), in bilancio per 35 milioni, ma anche se così fosse il rapporto Ebitda/posizione finanziaria calerebbe a poco più di 11, se invece ad essere ceduti fossero i libri passerebbe a poco più di 8,5 e nel caso di doppia cessione si scenderebbe a 7,5-7,75, sempre considerando un Ebitda stabile sui valori di fine 2014, che però il management spera di poter migliorare evitando così ai soci di dover aprire nuovamente il borsellino.
Ma come detto non sempre in Rcs si ragiona col portafoglio e così i “frondisti” sembrerebbero far capo a Fiat (16,7% del capitale), ma potrebbero contare anche sui voti di Mediobanca (ancora al 6,2%, anche se la quota potrebbe essere ridotta o ceduta nei prossimi mesi), Pirelli (4,4%) e Intesa Sanpaolo (4,2%), quanto meno per motivi “tattici” più che strategici, ossia per non cedere un asset dall’evidente valenza “politica” oltre che industriale a valori inferiori a quelli di bilancio. Lo stesso Diego Della Valle (7,3% di Rcs) non è mai stato avaro di critiche al management, anche se ha mostrato uguale idiosincrasia per i “grandi vecchi” della finanza come Giovanni Bazoli, nume tutelare di Intesa Sanpaolo, mentre anche Urbano Cairo (3%) e Paolo Rotelli (2,7%) sembrerebbero perplessi sui tempi e sui modi dell’operazione.
Se l’acquisizione di Rcs Libri continua a piacere agli analisti ma rischia di slittare nel tempo, ancora più in alto mare è la vicenda delle torri di Rai Way. A prescindere dal discorso “golden power” e dalla volontà di esercitare tale potere da parte del presidente del consiglio, il governo Renzi sembra orientato a non aderire all’offerta avanzata da Ei Towers: controllando tuttora la Rai il 65% del capitale di Rai Way la questione sarebbe semplicemente lettera morta anche se tutto il flottante aderisse all’offerta della famiglia Berlusconi, che come noto valuta Rai Way 1,22 miliardi di euro, pari a circa 4,5 euro per azione, contro una quotazione attuale del titolo in borsa di 4,08 euro stasera.
Se il prospetto dell’offerta venisse come anticipato dalla stampa italiana depositato in Consob entro la metà del mese e il 27 marzo gli azionisti di Ei Towers riuniti in assemblea dessero il loro benestare a un aumento di capitala per sostenere l’offerta, per il 69% in contanti, ovvero con un esborso teorico massimo di circa 840 milioni (che sarebbe già garantita da un “primario istituto di credito internazionale” pronto a concedere un finanziamento di pari importo), l’offerta stessa potrebbe scattare dal 20 aprile prossimo per concludersi entro il 12 giugno.
Siccome Ei Towers già a fine settembre aveva debiti per complessivi 107,5 milioni, a fronte di un Ebitda di 83,3 milioni, con un rapporto pari a circa 1,3 contro un obiettivo di 2,5 indicato nel business plan 2014-2018 anche tenuto conto dell’apporto in termini di Ebitda che darebbe Rai Way (80,4 milioni al 30 settembre 2014) sarebbe necessario un aumento di almeno 400 milioni di euro per mantenere lo stesso rating creditizio, di cui 160-165 milioni toccherebbero alla famiglia Berlusconi e il resto al mercato. Sommato all’operazione Rcs Libri questo significherebbe per Silvio Berlusconi staccare un assegno da non meno di 300 milioni di euro, ossia buona parte dei 377 milioni incassati con la cessione del 7,88% di Mediaset.
Tutto sommato la sensazione è sempre più netta: Berlusconi sta provando ad “aprire il gioco” con un bluff ben calibrato, sapendo, e forse sperando, che una o entrambe le offerte non saranno accettate immediatamente. Ci sarà dunque tempo per intavolare trattative, valutare le contropartite da offrire, ottimizzare i flussi di cassa e quelli di visibilità mediatica. Se poi tutto andasse in porto si potrà dire che ha vinto il mercato e prepararsi magari a future alleanza in chiave europea, se invece non se ne facesse nulla si potrebbe sempre ricavare un valido argomento da utilizzare in campagna elettorale per gli affezionati del refrain “ce l’hanno sempre avuta con me”.