Che la strada verso la prima approvazione del disegno di legge sulle unioni civili fosse in salita lo si era capito da tempo. A maggior ragione dopo la presentazione di migliaia di emendamenti al testo approvato dalla Commissione Giustizia (il termine ultimo è scaduto martedì). La base di partenza, lo ricordiamo, resta il disegno di legge n.14 “Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili” che porta la firma del senatore del Partito Democratico Luigi Manconi e ha come relatrice la senatrice Monica Cirinnà (sempre PD).
Si tratta di una “normativa disciplinare organica che non modifica il codice civile” e che si limita a definire il rapporto tra due persone che vogliono organizzare la loro vita in comune, garantendo “un riconoscimento giuridico a una realtà così rilevante socialmente da non poter più essere ignorata dalla legge, evitando che la tutela di diritti fondamentali della persona sia lasciata all’alea di interpretazioni più o meno «evolutive», come se diritti e libertà dipendessero da concessioni giurisdizionali e non invece da riconoscimento di legge”. In tal senso il disegno di legge prevede l’estensione alle unioni civili dei diritti spettanti al nucleo familiare, secondo criteri di parità di trattamento e, parallelamente, una regolamentazione dei doveri dei componenti delle coppie. Insomma, l'intero sistema dei diritti e dei doveri, con qualche distinguo per quel che riguarda le adozioni.
Una sintesi efficace del lavoro Commissione Giustizia è riportata da Repubblica: “Il testo introduce le unioni civili fra persone dello stesso sesso, un nuovo istituto giuridico fondato sull'articolo 3 della Costituzione, che riconosce i diritti sociali oggi riservati alle coppie eterosessuali unite in matrimonio (i diritti e doveri reciproci, figli, residenza, concorso negli oneri, abusi familiari, interdizione, scioglimento dell'unione, assistenza reciproca, sostegno economico eccetera si applicano gli articoli del codice civile, ndr), compresa la pensione di reversibilità. Rimangono precluse le adozioni, con l'unica eccezione della possibilità di adottare il figlio del/la partner. I matrimoni stipulati all'estero, così come i matrimoni nei quali un coniuge abbia cambiato sesso, potranno essere riconosciuti come unioni civili”.
L'ultimo ostacolo (finto): la pensione di reversibilità
Fin qui tutto nella norma, compresi gli emendamenti a raffica dalle formazioni vicine all'area cattolica. A qualcuno è però venuto in mente di impostare parte della campagna di opposizione al disegno di legge sulla questione delle "pensioni di reversibilità". Tra lo stupore generale, addirittura il ministro Alfano ha parlato un mese fa di un costo per le casse dello Stato di una quarantina di miliardi di euro: "Se intervenissimo sulle pensioni di reversibilità il tema costerebbe circa 40 miliardi di euro: io non credo che per l’attuale situazione dei conti pubblici italiani questa sia la priorità della priorità". Una vera e propria bufala, che è però servita ad alimentare il fronte del no alla reversibilità della pensione per le coppie gay.
La smentita, come ricordato dalla stessa Cirinnà, era arrivata subito: "L'INPS stima a centomila euro la spesa annuale iniziale, che salirebbe a sei milioni di euro nel 2025, cifre sideralmente lontane dai 40 miliardi di cui aveva parlato Alfano". E, in effetti, leggendo la relazione tecnica, viene da chiedersi come sia possibile che un ministro dell'Interno spari numeri completamente a caso. Scrive l'Inps, presentando in effetti la proposta per quella che è:
C’è certamente la necessità di un miglioramento del quadro normativo, come sottolineano Gronchi e Conti su LaVoce.info: “L’estensione della reversibilità agli “uniti civilmente” farà aumentare la percentuale dei pensionati diretti che lasciano un superstite e di conseguenza il peso della vita attesa di quest’ultimo. Ne seguiranno divisori più grandi e pensioni più basse. La riduzione dell’importo medio delle pensioni bilancerà il maggior numero di quelle ai superstiti. […] Va infine ricordato che, in assenza di correttivi, la reversibilità genera redistribuzioni inique dai single (che non possono lasciare un superstite) ai coniugati in senso ampio, inclusi i futuri uniti civilmente (che possono farlo). Infatti, i contributi versati dai primi concorrono a finanziare la reversibilità dei secondi”.
Ma agitare strumentalmente lo spauracchio della “crisi” del sistema pensionistico, sfruttando (come si sta facendo in questi ultimi giorni) anche la sentenza della Consulta sul blocco della perequazione (roba che non c’entra nulla), è operazione ai limiti del vergognoso. Ma sulla quale valuteremo anche la coerenza di quella parte della maggioranza che da tempo si spende (a parole) sui diritti civili.