Il premier greco Antonis Samaras non ce l’ha fatta: stamane al terzo scrutinio l’ex commissario Ue Stavros Dimas, indicato da Samaras e unico nome che concorreva per succedere al presidente uscente Karolos Papoulias ha ottenuto solo 168 voti favorevoli dei 180 necessari (contro 132 astensioni che per la costituzione greca equivalgono a voti contrari). A questo punto, come prevede la costituzione, il parlamento verrà sciolto e si andrà a elezioni anticipate, il 25 gennaio come lo stesso Samaras ha annunciato alla televisione in giornata. La notizia non è piaciuta alla borsa di Atene che ha chiuso la giornata -4% dopo aver segnato un calo massimo dell’11% nel corso della mattinata, mentre sui bond i tassi sono tornati a salire, col titolo decennale risalito sul 9,8%, l’1,32% in più dei livelli visti venerdì scorso.
Può sembrare una crisi distante che tocca un paese marginale dell’Eurozona dove da anni si stanno provando con alterne fortune delle “cure da cavallo” per rimediare in parte a danni fatti dagli stessi politici greci (che hanno fatto lievitare il debito pubblico del paese per guadagnare consensi elettorali, arrivando sostanzialmente a truccare i conti pubblici per mascherare il più a lungo possibile la crescita del debito stesso e inventandosi riforme mai attuate sino alla crisi del 2010), in parte dalla Germania (e dall’Unione Europea tutta) che ha finto di non vedere cosa stava succedendo ad Atene, e non solo, per favorire le proprie esportazioni salvo addossarne il rischio di transazione sui contribuenti degli stati del Sud Europa, chiamati dal 2010 in avanti a sopportare dure riforme strutturali il cui scopo dovrebbe essere quello di rendere più competitive le economie dei singoli paesi e così facendo ridurre il rischio percepito dai mercati in relazione al debito di ciascuno.
In realtà il terremoto di Atene, in larga parte previsto, ha subito contagiato il resto dei “porcellini” europei, col rendimento del decennale portoghese risalito al 2,73% (dal 2,69%), quello spagnolo all’1,68% (dall’1,67%) e quello italiano al 2% netto (dall’1,94%) con lo spread sui Bund tedeschi (il cui rendimento è invece calato sullo 0,56%) risalito sull'1,44%, in una giornata in cui certo la Bce non è intervenuta sul mercato, se non per far sapere in una nota di aver sospeso gli acquisti di obbligazioni garantite (“covered bond”) e di titoli di credito cartolarizzati (Abs) data la scarsa operatività dei mercati in questi giorni semifestivi. Operazioni che peraltro riprenderanno regolarmente dal 5 gennaio prossimo e che finora hanno visto la Bce acquistare 29,660 miliardi di euro di covered bond e 1,747 miliardi di abs, soldi che insieme a quelli delle due Tltro sono finiti dunque nelle casse delle principali banche europee e che dovrebbero dare un contributo a sostegno della crescita europea l’anno venturo.
Al riguardo va segnalato come Unicredit, dei 7,75 miliardi ottenuti attraverso la prima Tltr, avrebbe già erogato 4,8 miliardi di cui 3,6 a piccole e medie imprese e 1,2 miliardi a grandi imprese e conterebbe di erogare la restante parte nel primo trimestre del 2015. Naturalmente la liquidità della Bce può molto, in termini se non altro di contenimento delle tensioni sui mercati (specie se a fine gennaio dovesse essere annunciato il lancio di un “quantitative easing”, ossia di un programma d’acquisto di obbligazioni e titoli di stato sul mercato), ma non può tutto e l’esito delle elezioni anticipate di Atene potrà ulteriormente influenzare i mercati e forse la politica europea (e in questo modo condizionare il futuro sviluppo dell’euro, che dal primo gennaio diventa la moneta ufficiale anche della Lituania, diciannovesimo stato ad adottarlo, nonché dell’Eurozona tutta).
In queste elezioni greche (a cui guardano con interesse anche alcuni movimenti “anti” euro e anti Europa come il Fronte Nazionale francese piuttosto che la Lega Nord e M5S in Italia) secondo gli esperti si confronteranno la frustrazione e la rabbia prodotta da questi anni di austerity che le misure volute dalla “troika” Ue-Bce-Fmi (con cui Atene sta trattando per uscire dal programma di aiuti varato nel 2010) hanno accentuato e la paura delle “conseguenze non volute” che l’eventuale uscita della Grecia dall’euro e dall’eurozona comporterebbe, in Grecia e nel resto d’Europa. Nonostante tutte le analisi e i commenti che banche d’affari e uffici studi di mezzo mondo hanno subito prodotto non ci sono numeri certi sulla distribuzione e sull’esatto ammontare dei costi (e dei rischi) che le diverse alternative comporterebbero, però la sensazione è che alla fine la sinistra populista di Syriza sia destinata a vincere ma non a stravincere e possa forse cercare una (ennesima) rinegoziazione degli impegni presi con la troika ma debba cercare di imbarcare qualche altro partito centrista per riuscire a governare.
Nel caso greco, come in verità in quello italiano, a decidere il futuro del paese potrebbero alla fine essere variabili molto diverse, legate in particolare all’andamento del prezzo del petrolio (oggi riavvicinatosi ai 60 dollari al barile dopo la notizia di un attacco al porto libico di Es Sider dove un incendio ha coinvolto tre terminali petroliferi, col rischio di una nuova prolungata riduzione delle esportazioni petrolifere del paese) e alla tenuta della crescita economica globale, in un mondo sempre più interconnesso in cui la crisi russa (il Pil di Mosca ha registrato in novembre il primo calo su base mensile ed annuale, confermando come la recessione sia ormai alle porte) e il rallentamento della crescita cinese potranno avere un impatto molto più determinante che non le vicende della “piccola” Grecia.
Morale della favola: il 2015 si presenta come un anno da subito esposto all’incertezza, eppure proprio questo frangente potrebbe accelerare, secondo alcuni esperti, quelle trasformazioni di cui l’Europa ha bisogno da tempo per diventare un'unione economica e politica più omogenea e coesa ma che una generazione politica imbelle e miope ha finora rinviato per concentrarsi esclusivamente sui propri interessi nazionali, a partire dalla stessa Germania. Di sicuro sarà un anno interessante per molti aspetti, forse potrebbe persino chiudersi in modo migliore di questo 2014 che sta per lasciarci, anche se per ora non sembra ancora il caso di scommetterci troppo.