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Allen Ginsberg oggi avrebbe 90 anni: tre poesie, per riscoprire la voce del grande poeta

“Dite quello che volete, egli ci dimostra, nonostante le più avvilenti esperienze offerte all’uomo dalla vita, che lo spirito dell’amore sopravvive per nobilitare la nostra vita se abbiamo lo spirito e il coraggio e la fede, e l’arte, di resistere”: Allen Ginsberg è stato uno dei più importanti poeti di quella generazione “beat” che ha raccontato gli anni Cinquanta e Sessanta in America. Oggi Ginsberg avrebbe compiuto 90 anni: ecco tre poesie memorabili, per riscoprire quell’immensa voce che pur avendo attraversando l’inferno, ha saputo parlare d’amore.
A cura di Federica D'Alfonso
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Allen Ginsberg (1926 – 1997)
Allen Ginsberg (1926 – 1997)

"Dopo pochi minuti che si era in quell'atmosfera ci si sentiva totalmente, irrimediabilmente cretini. Le nostre impalcature logiche, le nostre sovrastrutture sociali, i nostri puntelli morali di cartapesta, il nostro presuntuoso fondale di obbedienza civile diventavano inconsistenti come caricature e labili come incubi surrealisti": Fernanda Pivano descriverà così il suo incontro con Allen Ginsberg, nel 1961, a Parigi. In un albergo di rue Git le Coeur, passato alla storia come il "Beat Hotel", il poeta lavora instancabilmente con lei, fianco a fianco, sui primi abbozzi delle due antologie che qualche anno dopo sarebbero state pubblicate in Italia con i titoli di "Credo. Poesie degli ultimi americani" e "Jukebox all’Idrogeno".

Ginsberg era nato nel New Jersey da una famiglia ebraica, il 3 giugno 1926. Cresce accompagnato dalla voce di Walt Whitman e di William Blake, e quando conosce Fernanda Pivano si trova a Parigi insieme al compagno di una vita, Peter Orlovsky: qui, in "un’atmosfera surreale" aveva completato la scrittura di alcune delle sue opere più famose. Era già una leggenda e una maledizione, la sua poesia, oltre oceano, dove "Howl" era stato messo al bando per oscenità ma dove, ormai, quella generazione "beat" era cresciuta e aveva fatto sentire con forza la sua voce. Allen Ginsberg era stato uno degli ispiratori di quella rivoluzione intellettuale che aveva trasformato i beat degli anni Cinquanta negli hippy dei Sessanta: William Burroughs, Jack Kerouac, Neal Cassady e Bob Dylan, solo per citarne alcuni, sono stati i suoi compagni di viaggio. Allen Ginsberg muore il 5 aprile 1997, ma oggi avrebbe compiuto 90 anni. Ecco tre poesie memorabili, per riscoprire quell'immensa voce "che attraversando l'inferno, sapeva parlare d'amore".

1. Urlo

"Pensai che non avrei scritto una poesia, ma avrei semplicemente scritto ciò che volevo senza paura, avrei lasciato andare la mia immaginazione, aperto il sacrario, e buttato giù versi magici dalla mia mente reale, qualcosa che non avrei potuto mostrare a nessuno", racconta lo stesso Ginsberg in Jukebox all’Idrogeno.  Così nasce "Howl", poesia scritta negli anni Cinquanta ma che uscirà in Italia grazie a Fernanda Pivano solo nel 1965. Sono senz'altro i versi più atroci e famosi del grande poeta: un’epica intima e universale al tempo stesso, che parla di disperazione, e contemporaneamente della gioia furibonda dell'essere vivi. Parla della pazzia, uno degli incubi della vita di Ginsberg, e di quotidianità, vissuta insieme agli amici scrittori. Parla di quegli anni, ma al tempo stesso di nessun’epoca precisa e di tutte:

Ho visto le migliori menti della mia generazione

distrutte dalla pazzia, affamate, nude isteriche

trascinarsi per strade di negri all'alba in cerca di droga rabbiosa

hipster dal capo d'angelo ardenti per l'antico contatto celeste

con la dinamo stellata nel macchinario della notte,

che in miseria e stracci e occhi infossati stavano su partiti a fumare nel buio soprannaturale di soffitte a acqua

fredda fluttuando nelle cime delle città, contemplando jazz

(…) e ascoltando il Terrore attraverso il muro.

2. Hadda be Playin' on a Jukebox

Scritta nel 1975, "Hadda be Playin' on a Jukebox" è diventata famosa per essere stata messa in musica dal gruppo Rage Against the Machine. Versi civili e politici, di estrema crudezza, che raccontano vari eventi degli anni '60 e '70: l'assassinio di Kennedy, Nixon, il massacro della Kent State University, la Guerra Fredda. Tutto, per Ginsberg, ogni evento particolare, fa parte di una grande e più ampia mania, tutto viene risucchiato dal "vortice di questa rabbia" e dalla una competizione dell’"uomo contro uomo" che caratterizza la modernità.

Hitmen. Murderers everywhere

The secret. The drunk. The brutal. The dirty rich

On top of a slag heap of prisons

Industrial cancer

Plutonium smog

Garbage cities

Grandmas' bed soft from fathers' resentment

3. Kaddish

Il Kaddish è il lamento funebre ebraico, uno degli elementi più importanti e sacri della liturgia. Nel 1956 la madre di Allen, Naomi Ginsberg, muore in manicomio. Soltanto cinque anni più tardi, nel ’61, il poeta riesce a dare voce al lutto, e a raccontare la dura storia della donna più importante della sua vita: se Urlo è stato l’inno di una generazione, Kaddish è un intenso e straziante canto intimo, personale, che racconta il dramma della malattia e della reclusione di sua madre in un manicomio, un lungo, lunghissimo commiato dai suoi occhi:

Con i tuoi occhi di russa, con i tuoi occhi di senza quattrini,

con i tuoi occhi di falsa porcellana

con i tuoi occhi di India affamata

con i tuoi occhi di aborto, con i tuoi occhi di trauma

con i tuoi occhi di lobotomia.

Con i tuoi occhi.

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